Sentire la vita nonostante la morte… è il commento di tua zia al mio precedente post.
Ha ragione, ma ogni volta che tento di salire quello scalino, qualcosa trattiene la mia ascesa verso quella vita che va oltre la morte.
La perdita di un figlio è una sconfitta, e non di una battaglia ma della guerra tutta.
Rimani bloccata comunque a quella morte innaturale, che soffoca ogni spiraglio di vita, spiraglio che comunque abbraccio e che faccio mio, ma che riempie sempre a metà.
È una partenza sempre frenata, da quel dolore che non ti abbandona. Lo accarezzo ormai, l’ho fatto mio, ed è diventato imprescindibile nella mia quotidianità.
E così deve essere, pur negli sguardi a emozioni nuove, a orizzonti diversi, alla annusata libertà.
Il dolore per la perdita di chi ami è uguale per tutti, dolore che si può imparare a rimodulare, collocandolo nel giusto cassetto della vita dandogli il giusto peso.
La perdita di un figlio però va oltre questa possibilità.
Perché si rimane amputati di un amore che va oltre tutto e tutti, e che traccia una cicatrice talmente profonda e sanguinante che mai si rimarginerà.
Si impara a conviverci, a volte, paradossalmente ti fa sentire viva nella solita rabbia per ciò che poteva essere, e che non sarà.
Lancio perciò altra parola, ovvero equilibrio. Perché la libertà la trovi nel giusto equilibrio tra ciò che è, ciò che è stato e ciò che sarà, o non sarà.
YNWA, vita mia