Ventotto anni. Il mio salto temporale nel passato, al giorno in cui sei nato.
Quattro
Leggo le parole di tuo fratello, affidate a un post su Instagram. Piango, perché trovo tutto il nostro crudele sopravvivere alla tua assenza, da quattro anni.
Oltre
È come sulla vetta di una montagna. Giri lo sguardo per vedere cosa ti circonda, ma resti immobile con le gambe inchiodate a un infinito che non ti appartiene.
Verso i tre, senza te
Ho saltato l’appuntamento col ventisette dicembre. Trentadue mesi. Ribadire quello che provo quotidianamente mi sembra superfluo ormai.
Trentuno
Lieve è il dolore che parla. Grande è il dolore muto. Trentuno mesi, e forse inizio a capire cosa mi zavorra.
Trenta
L’autunno ormai è esploso, nelle forme e nei colori che tu amavi, che noi amavamo tanto. Trenta mesi senza te.
Inerzia
Sono ferma. Immobile a quel maledetto ventisette aprile 2018. Vivo solo la mia inerzia, la mia incapacità di cogliere anche la più piccola forza che mi costringa a mutare questo mio essere.
Ti darei gli occhi miei
Mi rendo conto che la fase della consapevolezza sta appena iniziando. Che nell’imminente ho vissuto in una realtà rarefatta e confusa, dove l’unico impegno era sopravvivere al dolore.
Linfa e radici
Sedici anni oggi, il mio primo terremoto affettivo. Mio papà, dieci mesi e un cancro, a prepararmi alla fine, che poi alla fine mai si è preparati.
Ventitré
Chiusi in casa. Dietro una finestra, la vita che non c’è. Tutto fermo, immobile, schiacciante. Ho sempre detto che la mia vita, ormai da ventitré mesi, si è arrestata, ovattata da un dolore senza soluzione di continuità.