Cratere

Sono trascorsi due anni ormai, da quella notte del ventiquattro agosto, quando anche noi fummo svegliati dal terremoto. Devastante nelle zone direttamente colpite, onda di propagazione che fece ballare anche i nostri letti.

Oggi, a distanza di due anni, rivivo quel momento con il tuo dolore, disgraziatamente ancora più vicino a quello di chi, sotto quelle macerie, ha perso tutto, ma soprattutto ha perso i propri figli.

Tante mamme, che hanno visto i propri figli, sepolti da quella che era la loro casa, la loro quotidianità, il loro mondo, la loro certezza. Quanti paesi rasi completamente al suolo, cancellati da un evento che in natura accade, ma che lascia, dietro chi lo vive nella sua disperazione, tutta la sua innaturale crudeltà.

È inevitabile seguire mediaticamente questo evento. E tra tante voci, ascolto anche quelle di alcune mamme, occhi piccoli ma gonfi di dolore e lacrime, a ricordare. Dolore immenso, incommensurabile, il loro. Che se prima provavo a immaginare, ora condivido in tutta la sua angosciosa intensità.

Un filo, invisibile, che unisce noi mamme, tra terra e cielo.

Non importa come è accaduto, ciò che squarcia l’anima è il termine ultimo, l’atto finale.

Fa calore, tutta la solidarietà tessuta intorno. Anche se scalda in modo superficiale, quando ti accorgi che hai il cuore assiderato, da una sofferenza troppo grande da spiegare. Ma serve, trovare una coperta, una luce, anche solo apparente.

È come quando ti chiedo di insegnarmi nuove inquadrature, nuove messe a fuoco. È difficile, ma sarà necessario imparare.

Una risposta a “Cratere”

  1. Questa una mia riflessione di due anni fa.

    La notte del 6 aprile 2009, quella del terremoto de l’Aquila per capirci, io ero sveglia e già terremotata: Massimo era morto da 4 giorni e aspettavo quella mattina per il funerale. La notte del 24 agosto sono ripiombata nel mio terremoto. Mi sono sentita di nuovo la morte addosso, la stessa ansia, come se il tempo non fosse passato. Ho visto la devastazione dei paesi colpiti, la disperazione di chi ha perso affetti e beni, ho pianto e pianto ancora per loro è per me, ancora una volta inutile. Qualcuno di noi ha vissuto questo dramma da vicino, cacciati dai propri letti, e ancora con la paura addosso. La paura, il dolore non hanno regole, ognuno ha i suoi. Una cosa però ora mi è chiara: riconoscere e rispettare il dolore degli altri rende meno lancinante il proprio. È difficile però condividere umilmente il dolore, senza sentirsi vittime sacrificali. Il pianto ”comunitario ” dei terremotati, delle madri che hanno perso i figli, di chi ogni giorno affronta malattia o disagio, tutto questo ha asciugato le mie lacrime, mi ha restituito il sorriso nel ricordo dei miei cari.
    L’umiltà del dolore riceve la carezza di Dio, questo in ogni mio giorno.❤️

    Grazie per lo sfogo💋

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