Ventitré anni

Marco come Emiliano. Ventitré anni e lo stesso destino crudele. La notizia su varie testate internet, apparentemente fredda ma piena di tutta la sua drammaticità, mi investe come un treno in corsa fin nel profondo della mia anima già irreversibilmente ferita.

Marco Di Nino, giovane chef ventitreenne, ha per sempre lasciato i suoi affetti venerdì notte, dopo aver terminato la sua serata di lavoro come cuoco in un albergo di Moena.

Marco, come il mio Emiliano.

Il loro cuore ha deciso di fermarsi, all’improvviso, senza segnali premonitori, senza avvertimento alcuno. Leggo, piangendo. Divoro la notizia, pensando alla sua mamma.

Un’altra mamma che come me, sarà costretta a vivere ormai la sua esistenza a metà, tra terra e cielo. Un’altra mamma, che non conosco, ma che sta provando un dolore straziante, talmente grande, forte, disumano, innaturale, che solo un’altra mamma come me può capire.

Il destino dei nostri figli si è incrociato nel modo più crudele, il nostro si intreccia in una esistenza uguale, identica, angosciosa, segnata tristemente per sempre. E io non posso non pensare a lei. Vorrei stringerla, silenziosamente.

Perché non esistono parole, almeno non ora.

Leggo ancora di una sorella, più piccola di Marco, fotocopia dei miei figli. Altro funesto filo, che mi lega sempre più a questa famiglia di un paese in provincia di Pescara, Scafa. Sconosciuta, eppure così già tanto nel mio cuore.

Senza parole, solo col mio cuore, da mamma divisa a metà, tra terra e cielo.

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