Ancora tempo

Tempo che passa, tempo che serve, tempo che aiuterà. Oggi la mia amica Rosaria vive il suo undicesimo anno tra terra e cielo, con il suo Giacomo. I nostri soliti confronti, i nostri soliti messaggi WhatsApp.

… Oggi (ieri per chi legge) e domani (oggi per chi legge) mi servono una distesa di girasoli… 11 anni sono tantissimi… Ma stai sicura che tra tanti anni non si sta più come stai tu oggi… resta tanto dolore ma non più tanta disperazione…

Due sono le cose che vorrei, mia presunzione, condividere. La prima è il girasole. Lo abbiamo preso come nostro fiore. Converte il suo sguardo al sole, a seguirne sempre il suo orizzonte.

Lo rincorre fino al tramonto, fin quando lascia spazio alle stelle. Regala speranza, testa china a volgersi però a un raggio splendente e pieno di calore, che lo faccia quotidianamente alzare e vivere. Effimera chimera, che ogni giorno muore ma ogni giorno può rinascere.

Lascio solo immaginare quando, tra i tanti scatti del mio Emi, ho trovato quella che, anche oggi sarà la foto di questa mia condivisione. Altra incredibile coincidenza.

La seconda cosa è il tempo. Da subito la mia amica mi ha esortato a darmi tempo. È necessario, a elaborare, a trasformare, a fagocitare la disperazione che ti assale nell’istante in cui la tua vita viene falciata da una malasorte senza eguali, che senza pietà si insinua capillarmente, a cementarsi nelle vene.

Tempo, indispensabile elemento che non puoi misurare, se non vivendo. Tempo, ignoto amico a cui affidarsi, unica aspettativa in una quotidianità per sempre segnata dal dolore.

È un rifugio senza pareti, un focolare senza forma che si spera scaldi nei momenti più freddi, quando il cuore gela e l’anima sembra non potercela fare.

Tempo, che dovrà trascorrere in un funesto tormento, in attesa di piccole sfumature da cogliere come grandi imprese, a dare un senso al tempo stesso.

Queste sono le due cose alle quali, forse scioccamente, mi aggrappo. Consapevole che il lavoro sporco, quello più difficile, drammatico e angoscioso, è solo mio.

Perché il tempo fortifica un po’, e insegna a sopportare il dolore, pur non annullandolo.

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