Cicatrice

Quella che ho sempre amato, cicatrice che ha dato la vita, a te prima, e a tuo fratello poi. La sola, che una mamma dovrebbe sopportare.

Ormai rimarginata, resta al tatto come ricordo di un momento prodigioso, felice cheloide a rievocare quello che di più bello una mamma vorrebbe vivere: la nascita di un figlio. Unica tangibile tua presenza, oggi, ad accarezzarla per risentirti, a sfiorarla per coccolarti di nuovo.

Mi lega a te indissolubilmente, questo sfregio cutaneo, che sancisce per noi quel legame che mai si è interrotto, nemmeno in quell’ infame ventisette aprile, quando si è aperta una ferita abissale e funesta, che a differenza della prima mai si rimarginerà.

Il tuo compleanno è passato, il tuo primo senza te.

La mia bolla mi ha aiutato nella mia disperazione, affievolendola senza cancellarla. Sta facendo bene il suo lavoro, come sempre, come quando tutto si è compiuto di tremendo e insopportabile, come solo lei sa fare. Anche se non è quello che voglio.

Ma ora me ne servo, egoisticamente e a mio prepotente bisogno. Continuo a sentirmi schiacciata dalla tua assenza, e non potrebbe essere altrimenti. È così maledettamente difficile. Cozzando con un contorno fatto di frasi fatte, sguardi compassionevoli, incoraggiamenti fuori luogo…

Non sto criticando tutto questo, anzi, in alcuni momenti è anche di conforto. Ma chi non vive come me, tra terra e cielo, è distante anni luce dalla mia condizione, dalla mia quotidianità. Dovrò inventarmi una vita diversa, imparando a filtrarla con la tua evanescente presenza, senza provare sensi di colpa, travagli, tormenti.

Perché è arrivato il momento del tutto continua anche senza di te, come nella canzone “Il Carrozzone” magistralmente interpretata da Renato Zero. Mai verità più vera.

Ma per una mamma come me, quel tutto continua anche senza di te ha del beffardo, è sarcasticamente assassino. Anche se è così, che va e deve andare.

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